lunedì 21 marzo 2016

IN SCIENZA E COSCIENZA. Il problema della vaccinazione nell'opinione pubblica e medica del Settecento.

       Sto sfogliando i due bellissimi volumi della Sonzogno dedicati all'Esposizione Universale di Vienna del 1873 e mi trovo davanti una xilografia riproducente la più celebre delle opere del piemontese Giulio Monteverde (1837 - 1917): si tratta di una statua in gesso dal titolo Eduardo Jenner che inocula il vaccino al figlioletto e raffigura il medico inglese accanto al culla del bambino nell'atto di iniettare al piccolo il suo vaccino sperimentale (nell'anno 1796). L’opera vinse una medaglia d’oro all' Esposizione riscuotendo un grande successo di critica, e altrettanto ne ebbe una versione in marmo presentata successivamente all'Esposizione Universale di Parigi (una versione in bronzo è conservata nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma).
       Alla determinazione di Jenner si deve la scomparsa del vaiolo e la dimostrazione della validità della vaccinazione e, quindi, della prevenzione nella cura delle malattie epidemiche. Ne sono ben conscia; eppure quando mi arriva dall'AUSL l'invito ai richiami delle vaccinazioni dei miei figli, ogni volta scatta il panico, ogni volta si ripropongono gli stessi dubbi.
Toccata nel vivo dall'argomento cerco di tenermi informata ma è quasi impossibile valutare la validità delle fonti di informazione, soprattutto oggi che siamo bombardati da notizie e contronotizie di ogni tipo.
   
     Oggi mi è però capitata in mano un fonte assolutamente degna di attenzione. Si tratta di un piccolo volume datato 1763 dal titolo Seconda memoria sull'inoculazione del vajuolo contenente la sua storia dall'anno MDCCLIV. Letta nell'Adunanza pubblica dell'Accademia Reale delle Scienze di Parigi il 15. novembre 1758 dal Signor De La Condamine, socio della medesima Accademia, e delle Società Reali di Londra e di Berlino. E' la prima edizione italiana di questo scritto del conte Charles Marie De La Condamine, membro dell'Accademia delle Scienze di Francia, ufficiale, geografo, astronomo, matematico e fervido sostenitore della variolizzazione (cioè l'inoculazione controllata del vaiolo, pratica precedente la vaccinazione Jenner), lui che, da piccolo, contrasse il vaiolo sopravvivendogli.
Il frontispizio del volume di La Condamine
      La Condamine è uno scienziato e documenta le sue argomentazioni, ma dimostra finezza psicologica nel comprendere i dubbi dei genitori: "L'argomento più specioso contro l'inoculazione è questo. Un padre sta in dubbio se debba fare innestar suo figliuolo: se questa operazione non avesse mai avuto sinistro accidente, non esiterebbe punto; ma egli sa che qualche volta ne accade; ed ha paura che il suo figlio appunto non sia vittima innocente di un disgraziato capriccio: questo è quello che lo trattiene; non vuol arrischiare nulla affatto. Mi volgo ora io a questo padre, e gli dico. La vostra intenzione è lodevolissima, voi dite che non volete arriscar nulla; io medesimo ve lo consiglierei se la cosa fosse possibile; ma qui bisogna arriscare a dispetto vostro; per voi ci sono due soli partiti da pigliare, o innestare vostro figlio, o non innestarlo: ecco due rischi da passare, uno de'quali è inevitabile; tocca a voi scegliere... Un cieco istinto vi trattiene, ma l'evidenza vi grida agli orecchi, di due pericoli fra'quali e necessario lo scegliere, scegliete il minore".
      La Condamine prende posizione anche contro le polemiche fatte gratuitamente senza base e senza costrutto  criticando il fatto che, mentre  la questione dovrebbe essere dibattuta in ambiente medico, i continui interventi sui giornali e la pubblicazione di diverse opere sull'argomento  "forzarono il pubblico a volgere la sua attenzione a quest'oggetto. Noi godevamo allora di una intera pace; l'inoculazione addivenne l'argomento alla moda de'crocchi...e si assuefecer le orecchie ad una parola ch'era stata fin'allora nascosta nelle scuole di Medicina. Ma non è la conversazione che istruisce gli uomini nelle cose serie, che richieggono esame e e discussione....Osserverete che coloro che parlano decisivamente contro di questa pratica, altro non fanno che ripetere quello che hanno sentito dire...".      
      Il lavoro di la Condamine e degli altri sostenitori della pratica della variolizzazione convinse anche i regnanti: Don Filippo di Borbone, Duca di Parma, fece di suo figlio Ferdinando, allora tredicenne, la cavia dimostrativa per la prima inoculazione del vaiolo in Italia nel 1764. Decisivo fu nel 1767 l'intervento dell'imperatrice Maria Teresa che fece inoculare i suoi figli.
La famiglia di Don Filippo; a sinistra in basso il piccolo Ferdinando
(quadro di Baldrighi custodito in Parma, Galleria Nazionale)
   
      Per tornare a Parma, confermando l'osservazione di La Condamine sulla popolarità dell'argomento, ricordiamo che Bodoni pubblicò il poemetto in ottava rima di Gioacchino Ponta, dedicato ad uno dei pionieri della vaccinazione Jenner, il ligure Onofrio Scassi: "Tu primo, o Scassi, alle materne arene/ Dalla Senna recasti il dono e il lume / Del Vaccino tesor, cui l’alta speme / Della vita e del bello affidò il nume: / A te per l’are di Liguria Imene / Offra pingui olocausti oltra il costume, / E t’applaudan dai circhi e dalle culle / I nostri pargoletti e le fanciulle" (Il trionfo della vaccinia, 1810).
       Successivamente  a Don Filippo anche Maria Luigia e poi Luisa Maria si impegnarono a rendere obbligatorie le pratiche di vaccinazione.
       Quando io oggi avanzo i miei dubbi di mamma mi sento dire "Signora, in fine dei conti lei deve avere fiducia: siamo medici e siamo qui per questo" ma non posso fare a meno di dirmi che se a chiedermi fiducia (e a offrirmi la possibilità di darla esponendosi di persona) fossero un La Condamine, uno Jenner o una Maria Teresa, probabilmente non esiterei un momento; ma quando me la chiedono un Poggiolini, un De Lorenzo o un Renzi ("Sta sereno!")...


BIBLIOGRAFIA:

- L'Esposizione Universale di Vienna del 1873 illustrata; Milano, Sonzogno, 1873
- DE LA CONDAMINE Charles Marie: Seconda memoria sull'inoculazione del vajuolo contenente la sua storia dall'anno MDCCLIV; in Napoli, presso Benedetto Gessari, MDCCLXIII.


giovedì 10 marzo 2016

HAI VOLUTO LA BICICLETTA?....

    PREMESSA

   Un'amica assiste al palese furto di una bicicletta davanti al supermercato Conad di Via XXII Luglio; telefona alle autorità; segue il ladro nei suoi spostamenti per comunicarli in diretta alle forze dell'ordine che sono intervenute; il ladro, fermato dice che la bici è sua e nessuno può dimostrare il contrario, minaccia di provocare uno scandalo in quanto studente camerunense a Parma nell'ambito di scambi internazionali; il ladro se ne va con la bicicletta.

   ANTEFATTO

   Scriveva nel 1994 Baldassarre Molossi, autore della prefazione per il volume di Rosangela Rastelli Parma in controluce: "Un paio di anni fa quando la nostra città figurò al primo posto nella classifica della qualità della vita, Riccardo Pazzaglia scrisse sul "Mattino" di Napoli un articolo dal titolo "Andate a Parma". Perché? "Lo capii - diceva Pazzaglia - da una bicicletta. Ero fermo davanti a un negozio di frutta, di quelli molto eleganti, che espongono le pere con lo stesso sussiego e quasi gli stessi prezzi di un gioielliere. E vidi giungere una signora in bicicletta, che appoggiò il veicolo a un lampione poco lontano, entrò nel negozio, fece tutta la spesa, uscì di nuovo e "trovò la bicicletta". Senza mostrare la minima emozione per averla ritrovata, la signora inforcò il biciclo e se ne andò. Da allora per me - è sempre lui che scrive - una città è vivibile quando tutti possono scendere dalla bicicletta, appoggiarla in un posto qualsiasi, andarsi a fare un fatto proprio, tornare e trovarla dove l'hanno lasciata. A Napoli - concludeva Pazzaglia - non si può appoggiare in un posto qualsiasi nemmeno la nonna senza assicurarne una caviglia al palo con una robusta catena...".

     Se dobbiamo dar retta a Pazzaglia e a Molossi, Parma non è decisamente più una città vivibile. Ma di questo i parmigiani si erano già accorti; tutti, tranne quelli che avrebbero dovuto accorgersene subito e intervenire di conseguenza. Ma qui non voglio fare tanto una polemica sulla sicurezza quanto sulla civiltà: ciò che ferisce il cuore è l'assuefazione che la gente mostra davanti alla violenza e al degrado; la continua riproposizione della bruttura anestetizza e contemporaneamente crea una sensazione di impotenza, orribile combinazione che sfocia inevitabilmente nel menefreghismo. 
    Ed ecco che, in modo insospettato, la bicicletta diventa il fil rouge di questo percorso di abbrutimento progressivo perché è evidentemente un oggetto sentito dai parmigiani come importante nella vita quotidiana e per ciò stesso rappresentativo.
   
        Nel suo bello e dolente volume Parma una città senza amore del 1981 Pier Maria Paoletti fotografava il degrado della città; nella pagina dedicata alle biciclette lamentava: "L'eleganza della "città ducale" recita un nostro tenace luogo comune. Ecco come si presentano al turista le nostre strade e i nostri portici con centinaia di biciclette caoticamente buttate contro i muri, le colonne, le vetrine, un leit-motiv che ci accompagna dovunque a richiamare, più che l'immagine della "piccola capitale", quella di un paesone della bassa. Benissimo le biciclette, per carità: ma è possibile che non si riesca a disciplinare il posteggio con un numero sufficiente di rastrelliere...e un'assidua opera di persuasione all'ordine da parte dei vigili?


Piazza Garibaldi nel volume di Paoletti
      Erano altri tempi: Per Paoletti nel 1981 (e non del tutto a torto, ricordate?) è disordine la bicicletta appoggiata ad un lampione che Pazzaglia nel 1994 saluta come un miracolo. 
   Che penserebbero entrambi oggi dei continui furti di biciclette, piaga quotidiana della nostra città, da cui non ci si può riparare neanche nel cortile di casa propria? E tutta via ormai accettata come normale, come la neve d'inverno e il sole d'estate...
   ED ECCOCI QUI...   


Borgo Regale
   E' vero: la foto di Paoletti fa pensare, ma decisamente più scorante quella scattata da me in Borgo Regale un mese fa. Quante ne abbiamo viste così? E' una delle tante biciclette "cannibalizzate" che si vedono per le vie, a volte ancora parzialmente incatenate agli stalli (parzialmente nel senso che ce ne rimane solo una parte). Sono il nuovo arredo urbano insieme ai rifiuti, ai venditori di occhiali da sole i cui espositori tappezzano le pareti del Battistero, alla gente più o meno ubriaca stravaccata sui marciapiedi delle strade dell'Oltretorrente. E chi più ne ha...

Borgo Tommasini
    EPILOGO

    E tuttavia ero arrivata a pensare un lieto fine per questa storia; non ho fatto in tempo a scriverlo. Poche sere fa ho scattato un'altra fotografia in Borgo Tommasini mentre ero per strada con i miei figli. Nell'apposito parcheggio per mezzi a due ruote stava una sorta di scooter a pedali per bambini, in ordine nella giusta posizione, insieme a quelli dei grandi. "Vedete? - ho detto entusiasta ai bambini - E'così che si fa: fin da piccoli si impara a comportarsi bene e a seguire le regole in modo che la città sia più in ordine e sicura per tutti". Quasi mi commuovevo il giorno seguente vedendo da lontano la chiazza colorata della piccolo mezzo ancora al suo posto, evidentemente non trafugato durante le ore precedenti né durante la notte.
     Dicevo fra me: dà una sensazione così particolare (un misto di straniamento e tenerezza insieme) che neanche teppisti e ladruncoli hanno avuto il coraggio di andargli accanto. Mentre lo facevo notare ai miei figli siamo stati superati da un automezzo per la raccolta dei rifiuti che si è fermato accanto alle righe del parcheggio; l'addetto che ne è sceso ha preso la lo scooterino, l'ha buttato nel cassone ed è ripartito. La scena, seppur vista in lontananza, ci ha lasciati ammutoliti. 
   Ho la sensazione che questo episodio racchiuda una morale, ma la sento troppo triste per affrontarla; il tutto mi appare fin troppo smaccatamente simbolico: la bicicletta colorata del bambino innocente, diligentemente parcheggiata al suo posto, viene buttata via mentre i resti delle azioni criminose degli adulti giacciono abbandonati lungo le strade, sorta di squallido memento. O forse il dispiacere per aver perso la Parma che amavamo, quella città vivibile che gli altri ci invidiavano, mi fa vedere quello che non c'è?



BIBLIOGRAFIA:

RASTELLI, Rosangela: Parma in controluce. Parma, Battei, 1994.
PAOLETTI, Pier Maria: Parma una città senza amore. Parma, Italia Nostra - Sezione di Parma, 1981.

Per ulteriori indicazioni bibliografiche relative a Parma, società e costume andate alla pagina:

Per informazione vi segnalo che la Questura di Parma custodisce un gran numero di biciclette rubate per le quali ha creato schede fotografiche che vengono anche periodicamente diffuse: le vittime di furto possono tentare la ricerca anche per questa via.