Fra tutti i toponimi, cioè i nomi di luogo, gli idronimi, cioè i nomi dei corsi d’acqua, sono fra i più antichi e persistenti; questo perché fin dall’antichità il corso d’acqua è punto di riferimento essenziale ai fini del popolamento del territorio, della definizione dei confini e delle vie di collegamento.
Per questi stessi motivi, gli idronimi sono stati trasmessi con poche variazioni attraverso le varie epoche, nonostante l’eventuale succedersi di popolazioni e culture.
Essendo gli idronimi così antichi, la loro etimologia non sempre è chiara, così come non è facile giustificarne il genere grammaticale, non fondandosi esso su di un genere reale. In linea di massima, si tende a considerare che probabilmente veniva attribuito un nome femminile al corso d’acqua quando lo si intendeva come elemento di fecondità, generatore di vita; un nome maschile era invece più legato alla suggestione offerta dalla maestosità delle acque e dall’impeto della corrente.
In italiano sono maschili la maggior parte dei grandi fiumi (specialmente sfocianti in mare: Po, Tevere, Arno ...) e sono femminili numerosi fiumi minori e affluenti (Dora, Parma, Enza ...).
Poiché, come dicevamo, normalmente l'origine del nome dei corsi d'acqua è ignoto al parlante, con l'andare del tempo si sono verificati casi paretimologia (e cioè finte etimologie, per lo più con una semplificazione del significato); si è verificata anche, cosa che più in questo momento ci interessa, una pressione verso il cambio
di genere, con una tendenza a passare dal femminile al maschile che è il genere prevalente.
Va assolutamente notato però, che nella maggioranza dei casi queste spinte al cambio di genere non avvengono naturalmente,
per adattamento analogico spontaneo o per l'incontro di usi diversi:
sono invece applicate dall’esterno, da ambienti culturali più elevati e molto spesso per ragioni ideologiche: con l’intento cioè di normare le “difformità” della tradizione e degli usi locali e popolari sulla base della presunta superiorità della lingua italiana; e tutto questo ancora una volta a discapito delle persistenze dialettali.
Il gioco riesce in quanto la provenienza colta dell’indicazione, fa sì che
La Luna sul Parma, numero unico (1946): alcune belle firme della letteratura "tradiscono" la Parma. |
essa venga accettata anche dal parlante a cui viene fatta percepire come “più corretta”.
E così, la regoletta che dalla fine dell’Ottocento compare nelle grammatiche e nei testi scolastici per la quale sarebbero maschili i nomi delle acque correnti che non terminano in –o, e femminili quelli terminanti
per –a, ha progressivamente preso piede nell’uso colto dell’italiano. La lingua viva, invece, rivela la palese assurdità della regola imposta: se è
vero che nell’uso comune sono maschili il Po, il Nilo, il Danubio lo sono
infatti anche il Niagara, il Volga e l’Adda.
Attualmente è in voga un altro assunto (per altro in contrasto col precedente) secondo il quale gli idronimi (cioè Po, Parma ecc.), come altri nomi geografici, prendono il genere grammaticale della classe cui appartengono (cioè i loro iperonimi maschili: fiume, torrente, rio ecc.); detta in altro modo, il nome proprio va a prendere il genere del nome comune (l'apposizione) che gli si riferisce: es. "il fiume Po" e quindi "il Po; e, così ragionando, "il torrente Parma" e quindi "il Parma".
La scorrettezza del principio è evidente nei casi di corsi d'acqua indubitabilmente riconosciuti come femminili: la Senna, la Moldava, la Loira, la Dora ecc. Inoltre non si tiene conto di un elemento molto semplice, e cioè che nell’uso non ci si riferisce mai al fiume con il suo nome comune (il fiume Po), ma semplicemente con il suo nome (il Po).
La pressione verso l'omologazione al maschile, dunque, è paragonabile ad un ipercorrettismo, cioè alla correzione di una forma linguistica già di per sé corretta nella sbagliata convinzione che sia un errore; e questo avviene nell’intento di avvicinarsi a registri linguistici più alti e standardizzati.
E’ insomma lo stesso fenomeno per cui a Parma, dopo la guerra, si impediva ai ragazzi di parlare il dialetto parmigiano; ugualmente i nostri montanari, dopo aver sentito cantare i cori tipo CAI e SAT, venivano convinti dai vari direttori che quello era il vero "canto di montagna" mentre il loro approccio al canto, antico e in alcuni casi unico, era sbagliato.
Ancora una volta l’originalità e la tradizione legate ad usi antichissimi vengono sacrificate in favore di una moderna omologazione culturale.
Con piacere quindi vediamo che, in questo frangente, ci soccorre anche uno dei padri della lingua italiana. Alessandro Manzoni, in una celebre strofa di Marzo 1821, gioca proprio con il diverso genere dei corsi d’acqua per creare l’immagine del “matrimonio” fra i fiumi:
E così con buona pace della “Gazzetta di Parma”, che tanta parte ha da decenni nella diffusione di malcostumi linguistici, si dirà il Taro, il Po, il Cedrano, il Ceno, il Lorno ma la Cedra, l’Enza, la Termina, la Liocca, la Baganza, la Parma ...
"La Parma": ditelo in dialetto e il vostro orecchio (quando non il vostro cuore) vi darà conferma.
FANFANI, Massimo: Fiumi maschili, fiumi femminili in www.accademiadellacrusca.it
KRAHE, Hans (1964), Unsere ältesten Flussnamen, Wiesbaden, Harrassowitz.
PELLEGRINI, Giovanni Battista (1990), Toponomastica italiana. 10.000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti, spiegati nella loro origine e storia, Milano, Hoepli.
ROHLFS, Gerhard (1960), Europäische Flussnamen und ihre historischen Probleme. VI. Internationaler Kongress für Namenforschung (München, 24.-28. August 1958), München, Bayerische Akademie der Wissenschaften, 3 voll., vol. 1° (Hauptvortrage), pp. 1-28.
Ancora una volta l’originalità e la tradizione legate ad usi antichissimi vengono sacrificate in favore di una moderna omologazione culturale.
Con piacere quindi vediamo che, in questo frangente, ci soccorre anche uno dei padri della lingua italiana. Alessandro Manzoni, in una celebre strofa di Marzo 1821, gioca proprio con il diverso genere dei corsi d’acqua per creare l’immagine del “matrimonio” fra i fiumi:
"Chi potrà della gemina Dora, / della Bormida al Tanaro sposa, / del Ticino e dell’Orba selvosa / scerner l’acque confuse nel Po; / chi stornargli del rapido Mella (maschile in –a, n.d.r.) e dell’Oglio le miste correnti, / chi ritogliergli i mille torrenti / che la foce dell’Adda versò ... "Tirando le somme, dunque, in caso di dubbi sul genere di un corso d’acqua, fa testo la lingua del luogo (cioè il dialetto).
E così con buona pace della “Gazzetta di Parma”, che tanta parte ha da decenni nella diffusione di malcostumi linguistici, si dirà il Taro, il Po, il Cedrano, il Ceno, il Lorno ma la Cedra, l’Enza, la Termina, la Liocca, la Baganza, la Parma ...
"La Parma": ditelo in dialetto e il vostro orecchio (quando non il vostro cuore) vi darà conferma.
Giuseppe Carra: Il Taro. Una delle quattro statue poste sul ponte sul Taro voluto da Maria Luigia. (1828) |
FANFANI, Massimo: Fiumi maschili, fiumi femminili in www.accademiadellacrusca.it
KRAHE, Hans (1964), Unsere ältesten Flussnamen, Wiesbaden, Harrassowitz.
PELLEGRINI, Giovanni Battista (1990), Toponomastica italiana. 10.000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti, spiegati nella loro origine e storia, Milano, Hoepli.
ROHLFS, Gerhard (1960), Europäische Flussnamen und ihre historischen Probleme. VI. Internationaler Kongress für Namenforschung (München, 24.-28. August 1958), München, Bayerische Akademie der Wissenschaften, 3 voll., vol. 1° (Hauptvortrage), pp. 1-28.
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